Addio Clem Sacco. Protodemenziale del rock
SE N’È ANDATO NELLA NOTTE DEL 9 MARZO CLEM SACCO, L’ANTESIGNANO DELLE CANZONI BIZZARRE: IL 19 MAGGIO AVREBBE COMPIUTO 91 ANNI. RIGOROSAMENTE CENSURATI DALLA RAI I SUOI BRANI COME “OH MAMA VOGLIO L’UOVO ALLA COQUE” E “BACIAMI LA VENA VARICOSA” HANNO FATTO SCUOLA PER DIVERSE GENERAZIONI DI ROCKERS ITALIANI.
“Baciami la vena varicosa, succhiami il dente del giudizio, strappami il pelo del neo, vampira vampira vampira cha cha”. Non è un testo di Elio e le Storie Tese, né di Freak Antoni e i suoi Skiantos. Non c’entrano gli Squallor. Sono versi scritti ed incisi molti anni prima, inizio millenovecentosessanta, dal più audace e sgangherato dei pionieri italiani del rock, Clem Sacco, classe 1933, una vita spericolata che neanche Blasco con StivMecQuin, uno spirito libero che forse soltanto Voltaire…
Sacco nasce al Cairo, padre siciliano, madre piemontese, emigrati in Nordafrica a cercar fortuna – lavorando sodo – come tanti altri italiani. Come i genitori di Yolanda Gigliotti, ad esempio, compagna di scuola di Clem, lei sogna di fare l’attrice, lui il cantante lirico. Scoppia la guerra e gli italiani in terra egiziana diventano il nemico a portata di mano, il bersaglio immobile su cui infierire.
Papà Sacco e papà Gigliotti finiscono in carcere. Giorni terribili che producono miseria e mortificano le illusioni. A conflitto terminato i giovani se ne vanno. Yolanda a Parigi dove diventerà Dalida, Clem a Milano per studiare canto. Per mantenersi alla Civica Scuola di Musica Lirica Clem scarica cassette di mele e pomodori ai mercati generali e insegna body building (all’epoca si chiama Cultura Fisica) in un paio di palestre. Vanno di moda i film di Ercole e Maciste e Clem, che in Egitto ha praticato a lungo il decathlon, ha il torace e i bicipiti di Steve Reeves. Però il suo mito è Enrico Caruso. Si diploma in canto e si presenta a un’importante audizione: a Mantova cercano un giovane baritono per la stagione lirica. Ma Clem arriva secondo e decide che non vestirà mai più i panni di Rigoletto, se vuole mangiare due volte al giorno deve darsi alla musica leggera: night-club e balere sono più accessibili e meno impegnativi della Scala. È il 1955 e dalla lontana America arriva l’eco di ritmi inediti e fascinosi: un chitarrista grassoccio con un buffo ricciolo alla Macario, tale Bill Haley, lancia un genere battezzato Rock and Roll e canta un brano che fa danzare pure le sedie, “Rock Around The Clock”. Milano si appropria della moda, tra gli orchestrali che fanno capannello alla Galleria del Corso circolano spartiti taroccati, giri di accordi rubati al juke-box, nastrini di pezzi registrati col Geloso. In un paio d’anni all’ombra della Madonnina si forma una scuderia di interpreti rock di cui tutta l’Italia giovane, ribelle, marlonbrandiana e jamesdeaniana favoleggia.
Clem Sacco “L’angolino dell’amore” (Cinebox, 1961).
I pionieri del rock tricolore si chiamano Giuseppe Negroni, Franco Vicini, Johnny Baldini, Silvano Silvi, Big Guidano (poi Guidone), Fausto Denis (poi Leali), Jean Luck (poi Luciano Vieri), Brunetta, Ghigo e Clem Sacco. A fine decennio al gruppo si aggiungono quelli che diventeranno i più famosi: Baby Gate (poi Mina), Adriano Celentano, Giorgio Gaber. Ai periodici raduni milanesi della nuova musica che si alternano tra Palazzo del Ghiaccio e Teatro Smeraldo, partecipano abitualmente anche due stranieri, l’inglese Colin Hicks (and His Cabin Boys), stanziale al Santa Tecla e il sammarinese Little Tony (and His Brothers), “er mejo rocker de Roma”, di ritorno da una folgorante esperienza artistica londinese. Ed è proprio Clem Sacco l’unico a contendere al Molleggiato il picco degli applausi. Grazie alle sue canzoni pazze come “Oh mama voglio l’uovo alla coque” e alle sue altrettanto pazze esibizioni in mutande leopardate.
Clem Sacco con i suoi Califfi “Oh mama, voglio l’uovo à la còque” (Cinebox, 1962).
In realtà Clem e Ghigo hanno una marcia in più rispetto agli altri: sono gli unici a comporre i propri brani. Ghigo scrive e interpreta “Coccinella” con cui riesce ad ottenere un passaggio televisivo al “Musichiere” di Mario Riva, ma poi incappa nella censura con altre canzoni ritenute equivoche. Sacco il veto della censura ce l’ha stampigliato in fronte da quando è nato: ogni suo brano “Enea con il neo”, “Il deficiente”, “Spacca, rompi, spingi” per tacer di vene varicose e uova alla coque, appare come un ignominioso sberleffo al comune senso del pudore. E poi, diamine, presentarsi al pubblico in mutande leopardate!
Clem Sacco “Il deficiente” (Cinebox, 1962).
“All’indomani di quella esibizione, era il 1961 allo Smeraldo – raccontò Clem Sacco – andai negli uffici della mia casa discografica, la Durium, convinto di ricevere l’accoglienza estasiata del presidente Krikor Mintangian, perché a Milano non si parlava d’altro se non del mio uovo alla coque in mutande. Lei ci ha trascinati nella vergogna con quella schifezza di spettacolo! Mi urlò invece sulla faccia Mintangian invitandomi ad uscire e insieme diffidandomi dal ripresentarmi nuovamente al suo cospetto. Così all’embargo della Rai si aggiunse presto quello dei discografici e degli editori”.
Ma Clem non si perde d’animo: nel 1961 è la voce solista dei Ribelli, il gruppo del Clan di Celentano: sostituisce Adriano partito per il servizio militare. “Con il consenso di Adriano sui manifesti compariva questa scritta: Il Clan Celentano presenta i Ribelli, canta Clem Sacco – ricorda il maestro Natale Massara, allora sassofonista dei Ribelli – Clem era l’unico sulla piazza che potesse rimpiazzare il Capo di cui riproponeva tutto il repertorio aggiungendo poi i propri pezzi che erano esilaranti ed esplosivi. La gente si divertiva un mondo: Clem era una forza della natura”. Terminata la ferma Celentano incide una sua canzone “Basta” e Sacco forma un nuovo gruppo, I Califfi con alle chitarre Gino Santercole (nipote di Celentano) e Dino Pasquadibisceglie (ancora oggi collaboratore di Adriano) e alla batteria Enrico Maria Papes, in seguito percussionista e vocione dei Giganti.
A credere in lui c’è anche il commendator Angelo Bottani, braccio destro del presidente dell’Inter Angelo Moratti. Bottani, poliedrico operatore economico, si è imbarcato nell’operazione Cinebox, il juke-box con le immagini che affascina i ragazzi dei primi anni sessanta e scrittura Sacco per la realizzazione di 5 pellicole: sono filmati ritenuti oggi i più brillanti antenati del videoclip. Anche il regista Carlo Infascelli chiama Clem per interpretare uno svitato carcerato nel suo film del 1963 “Canzoni, bulle e pupe”. Ma la censura di radio e televisione e il cartellino rosso sollevato dal potentissimo Mintangian fanno di Clem un prodotto fuori mercato. Lui non demorde, continua a scrivere canzoni su canzoni, dai testi sempre più strampalati e trash, costretto a creare una propria etichetta per inciderle e a far da sé anche per distribuirle.
Clem Sacco “Chunga Twist” (Cinebox, 1962).
“A Milano, di fronte al negozio delle Messaggerie Musicali, era perennemente parcheggiato il camper di Clem Sacco – racconta il maestro Vince Tempera – era il suo personale supermarket: vendeva i suoi dischi, le musicassette e mille altre cose, dai tagliaunghie alle carte da poker con le donnine nude. Io che avevo avuto occasione di suonare il piano nel suo gruppo e conoscevo bene quindi il talento dell’artista trovavo assurda e mortificante quella situazione. Eppure lui la viveva alla grande: sempre allegro, vitale, coraggioso. In una sua canzone c’è un verso che fa “papà, voglio un quarto di leone”. Ebbene, sicuramente il padre lo aveva accontentato. Ho incontrato Clem nei giorni scorsi: soltanto un paio di lenti e qualche ruga in più rispetto ad allora; nei modi, nella voce e nello spirito è rimasto il leone di quarant’anni fa”.
Clem Sacco “Vino, chitarra e luna” (Cinebox, 1962).
Per sopravvivere Clem s’inventa mille mestieri: fa il modello all’Accademia di Brera per lo scultore Francesco Messina, rappresentante di commercio, enciclopedie porta-a-porta e le serate che riesce a strappare ad impresari sempre più avari di contratti.
“Un impresario mi disse: non c’è niente per te. – raccontò Sacco – A meno che… ma non oso nemmeno proportelo. È un lavoro che tutti rifiutano, anche quelli un po’… diversi…figuriamoci tu… Risposi che avrei accettato qualsiasi ingaggio. Mi disse che si trattava di un contratto per sei mesi come attrazione all’Alexander Bar, locale esclusivo per omosessuali. Non glielo feci ripetere due volte: accettai di corsa. Comprai una parruccona di capelli lunghi e cambiai nome: per sei mesi fui Clementina Gay, una sorta di orribile travestito che però cantava rock forsennato. Con moglie e due figli da mantenere accolsi l’Alexander Bar come un regalo del cielo”.
Col passare degli anni la musica per Clem diventa sempre più un’occupazione secondaria, ma mai abbandonata. Da molto tempo vive a Tenerife, nelle Isole Canarie: lì ha cantato di tutto ovunque, rock, classici e folk nei ristoranti e nei night-club.
È tornato ad esibirsi in Italia nell’estate del 2006, invitato da Musicultura a Macerata. Un fiume di applausi per quel nonno carico di dinamite che piace soprattutto ai ragazzi: tre gruppi giovani hanno inciso le sue canzoni: Gaby e i Batmacumba (vedi Modena City Ramblers), i Serf e i Cabona Abusers.
Porretta Terme, 18 luglio 2008. Clem Sacco ospite del Porretta Soul Festival interpreta “Vampira Cha Cha (Baciami la Vena Varicosa)” accompagnato dalla Memphis All Star Rhythm & Blues Band.
Per il Tg2 nel gennaio del 2007 ha condotto con Renzo Arbore il Dossier Storie dedicato ai 50 anni del rock italiano ed è stato premiato da Gene Gnocchi per la Grande Notte di Raidue come “l’artista più trasgressivo nella storia del rock italiano”.
Tra il 2009 e il 2010 si è affacciato a Raiuno per due programmi di punta: I Migliori Anni di Carlo Conti e Ciak Si Canta di Pupo in cui ha interpretato il video Baciami La Vena Varicosa realizzato da Asia Argento che di Clem si dichiara “fan follemente sfegatata”.
Clem Sacco, il video di “Vampira Cha Cha (Baciami la vena varicosa)” ideato e realizzato dall’attrice-regista Asia Argento assieme al suo compagno regista Michele Civetta, per il programma di Raiuno Ciak Si Canta. (9 aprile 2010).
L’ultima sua esibizione italiana risale all’agosto del 2014, sul palco del Fonclea Riverside a Roma: una sfida tra Rock e Beat, Clem Sacco contro Mal dei Primitives, entrambi accompagnati da un gruppo di vecchie glorie del 45 giri.
“Oggi molti rapper infarciscono le canzoni di insulti e ingiurie – dice Vince Tempera – il mercato accetta e anzi benedice ogni provocazione. Molta oscenità ma nessuna trasgressione. Clem fu il primo a sfidare il perbenismo. Ed era genuino: pagò la sua arte e la sua audacia con la disapprovazione dei moralisti e il veto dei codini. Senza neppure mai reclamare. Se n’è andato l’autentico protodemenziale del rock.
“Così ho conosciuto Clem Sacco”
Una testimonianza di Johnny Charlton, ex chitarrista dei Rokes, il gruppo inglese più popolare in Italia negli anni Sessanta.
Ho avuto la fortuna di incontrare Clem Sacco durante lo spettacolo televisivo di Raiuno Ciak si canta nel 2010. L’ho avvistato nello studio televisivo vuoto e silenzioso: era sprofondato in una poltrona, rilassato e tranquillo come immerso in una ponderosa meditazione. L’ho riconosciuto, ho spezzato l’incanto e mi sono presentato. Mi ha poi educatamente chiesto: “Dove sono i camerini?”
Mentre una signora della redazione gli dava il benvenuto illustrandogli il programma, un altro addetto gli ha offerto una coppa di champagne. Subito e con estrema disinvoltura ha rimosso con destrezza la dentiera mettendola dentro un bicchiere e ha cominciato a sorseggiare allegramente lo champagne con evidente piacere da gourmet. Dopo ogni gustoso sorso succhiava rumorosamente le gengive. Soltanto in un secondo tempo ha notato l’espressione sbalordita della signora e ha esclamato: “Il sapore dello champagne è migliore senza la dentiera! Soltanto cosi posso assaporare il gusto di ogni bollicina.”
Clem è una persona simpatica, piacevole, sorridente e spensierata. Veste in maniera normale, per nulla eccentrica. Vive a Tenerife nelle Isole Canarie ed è una persona felice che vive la propria vita in maniera intensa e stimolante. Clem è ancora incontrollabilmente libero come il vento e ama rilassarsi camminando lungo il bagnasciuga e raccogliendo oggetti curiosi abbandonati dal mare sulla spiaggia. Ha molti interessi e ha un occhio attento per i bei tramonti, il mare e la sabbia. Ma quando sente un po’ di Rock ‘n’ Roll e ha di fronte un pubblico si illumina come un albero di Natale e si trasforma in quell’incontenibile cantante rimbalzante, saltellante, svitato e molleggiato che diventa l’allegro volano della festa. Da allora ho un pensiero ricorrente: credo che una buona fetta dell’umanità vorrebbe essere proprio come lui.